Crac Ac Cesena, dubbi dei consulenti sul debito col fisco e Lugaresi torna dai giudici per le plusvalenze
’Ac Cesena sarebbe sopravvissuto se l’Erario gli avesse riservato lo stesso trattamento di cui hanno usufruito altre società di calcio, come la Sampdoria, che aveva debiti col Fisco persino più alti dei 40 milioni di euro che erano “sul groppone” del Cavalluccio, o come la Reggina. Ma ha vinto la paura e si è deciso diversamente, col risultato che a rimetterci sono stati tutti: non solo i creditori ma lo Stato, che sono rimasti a bocca asciutta, mentre c’erano forse i margini per rimettere in piedi la baracca.È il succo che si può ricavare da quanto hanno detto ieri, nella nuova udienza sul crac del Cesena Calcio, due luminari dell’economia e della contabilità: Giuseppe Savioli, professore ordinario di Economia aziendale all’Università di Bologna, e Mattia Berti, commercialista del prestigioso studio La Croce. Sono stati chiamati a parlare davanti ai magistrati in veste di consulenti di parte di due degli imputati accusati di essere stati tra i colpevoli del dissesto dell’Associazione Calcio Cesena: Mauro Giorgini, socio che a un certo fu chiamato a ricoprire il ruolo di amministratore senza deleghe, in un momento molto buio per la società bianconera, convinto da imprenditori amici e col plauso anche del mondo politico (anche se ha chiarito che comunque, nei fatti, il timone era rimasto in mano a Giorgio Lugaresi) e il vice presidente Graziano Pransani, entrambi difesi dall’avvocato Alessandro Sintucci.